Il 17 maggio si è tenuto a Roma il dibattito pubblico sul tema “Economia Etica e crisi del Risparmio Sociale e Cooperativo” alla presenza di esperti del settore, esponenti politici e delegati dei Comitati di soci prestatori di numerose Cooperative italiane.
Si riporta di seguito il testo integrale dell’intervento dell’avv. Gualtiero Cannavò dal titolo “Ruolo costituzionale dell’economia etica cooperativa e tutela dei diritti dei soci cooperatori”.
Ancor prima di affrontare le specifiche tematiche di diritto delle società cooperative, appare utile un breve cenno introduttivo sul ruolo giocato dall’economia etica cooperativa nel più vasto sistema economico dei moderni Stati–Nazione.
“Regole per i beni di casa“ è la traduzione letterale della parola di origine greca “economia”, che ci rammenta come, anche le più complesse teorie economiche siano sempre riconducibili alla individuazione del criterio di amministrazione delle risorse, sia umane che materiali, nonché alla scelta di priorità che ad esse occorre assegnare.
Anche gli occhi profani dei cittadini comuni, possono osservare come gli Stati–Nazione contemporanei si basino su sistemi economici compositi, in cui coesistono risorse pur con criteri amministrativi e indirizzi di risultato tra di essi diversi, ma tutte necessarie quali tasselli di un unico mosaico.
In questa ottica si può ancora facilmente rilevare come nessun Sistema potrebbe oggi fare a meno dell’economia etica, sempre più presente nel tessuto economico generale e, persino, nell’apparato produttivo.
L’economia etica, in tutte le sue diverse e variegate manifestazioni, appare oggi come una risorsa irrinunciabile in quanto finalizzata a migliorare il sistema economico e a renderlo ancor più efficiente sul piano dei risultati.
La Costituzione Italiana è stata certamente all’avanguardia per le sue scelte di indirizzo adottate verso l’economia etica, in particolare verso una delle più storiche manifestazioni che si identifica con il sistema cooperativistico.
L’art. 45 della Costituzione, infatti, recita testualmente:
“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata…”.
Questa prima parte dell’art. 45 enuncia indubbiamente gli elementi ideologici distintivi dell’economia etica, non solo per l’espresso riferimento alla funzione sociale della cooperazione, ma anche per la scelta differenziale adottata dal Costituente, che impone necessariamente la mutualità e l’assenza di speculazione privata.
Nell’ottica dei principi costituzionali, dunque, il sistema cooperativo, che possegga gli specifici caratteri di meritevolezza, è un tassello necessario del sistema economico azionale, assolutamente irrinunciabile al pari di altri cardini dell’economia etica di area costituzionale.
Ed ancora, l’art. 45 della Carta Costituzionale, così procede testualmente:
“La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.
Il Legislatore costituente, quindi, dopo avere affidato al sistema cooperativo lo svolgimento della funzione sociale, prevede espressamente l’impegno del Legislatore ordinario finalizzato alla promozione e all’incremento della Cooperazione.
In tal senso, appare importante rilevare come la locuzione “ne promuove” comporti la diffusione dello spirito cooperativistico, mentre “(ne) favorisce“ presupponga l’intervento pubblico a sostegno materiale delle strutture cooperative.
In questo quadro di indirizzo costituzionale, al Legislatore ordinario è affidato l’onere di assicurare il carattere mutualistico e la finalità non speculativa, per mezzo dei “controlli“ espressamente indicati dal Costituente come “opportuni”.
Nel tempo il Legislatore ordinario si è adeguato ai dettami costituzionali, emanando un insieme di leggi regolatrici del sistema dei controlli sulle società cooperative, articolati in diversi tipologie, quali:
le ispezioni ordinarie, affidate alle Organizzazioni del Movimento Cooperativo, le ispezioni straordinarie, eseguite da funzionari su disposizione dell’Organa Pubblico di Vigilanza, le nomine del Commissari Straordinari, finalizzate alla regolarizzazione dell’attività amministrativa, le nomine dei Commissari Liquidatori, con finalità liquidatorie del patrimonio sociale.
Da tutto quanto precede, si possono già trarre alcune importanti conclusioni sulla gravissima situazione venutasi a determinare in capo a molte Cooperative, nonostante i controlli da parte degli Organi pubblici di vigilanza, come previsti dalle Leggi ordinarie in esecuzione dei dettami costituzionali.
Quanto occorso ai soci della “Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo“, infatti, non è un caso isolato che costituisce un’eccezione, ma rappresenta la regola quale fenomeno emblematico del Sistema diffuso su tutto il territorio nazionale.
Molte Cooperative edilizie sono state colpite dallo stato d’insolvenza, con gravissimo danno per i soci cooperatori, siano stati essi prenotatari delle case di abitazione, che risparmiatori con finalità mutualistiche.
A tal proposito, vale ancora la pena di richiamare i principi della Carta Costituzionale, che all’art. 47, nel primo comma impone al Legislatore ordinario la disciplina e il controllo del credito, mentre al secondo comma dispone che il medesimo Legislatore favorisca “l’accesso del risparmio popolare alla proprietà della casa di abitazione”.
Da tutte le argomentazioni che precedono, non si può fare a meno di rilevare che sembra evidente il nesso di causalità tra la nota crisi delle Cooperative e la sistematica inosservanza da parte degli Organi pubblici preposti, non solo dei principi costituzionali, appena esaminati, ma anche delle norme delle leggi ordinarie che a quei principi hanno dato esecuzione.
In tal senso, infatti, basta osservare che le Cooperative edilizie di cui trattasi, sono tutte a mutualità prevalente, hanno goduto di finanziamenti pubblici e, quindi, sono ex lege assoggettati ai controlli degli Organi Pubblici di Vigilanza.
Ed inoltre, deve rilevarsi che le predette Cooperative per legge e per Statuto, non possono e non devono compiere operazioni speculative, sicché la loro attività mutualistica non è esposta ai rischi economici dell’impresa ordinaria.
Alla luce delle osservazioni che precedono, ci si deve chiedere come, in assenza di operazioni commerciali aleatorie e, soprattutto, in presenza dei noti controlli pubblici, possa essere accaduto che le Cooperative siano andate in decozione economica, sottraendo a migliaia di soci e ai loro nuclei familiari, oltre alla dignità della loro intelligenza, anche i risparmi di una vita di onesto lavoro.
Se il sistema dei controlli non è stato in grado di funzionare adeguatamente (per le diverse ragioni intuibili, ma che qui non è possibile dettagliare per mancanza di tempo), si profilano due ipotesi alternativamente percorribili:
la prima ipotesi attiene all’intervento degli Organi Pubblici, in quanto reso necessario dai principi costituzionali innanzi esaminati, in particolare in riferimento all’obbligo per il Legislatore ordinario di favorire e incrementare la cooperazione, nonché il risparmio popolare destinato all’acquisizione della casa di proprietà.
Se un tale intervento pubblico non dovesse esserci, ciò vuol dire che si sarebbero traditi intenzionalmente i principi costituzionali a sostegno dell’economia etica cooperativa, in quanto si verrebbe a determinare una consequenziale disaffezione verso lo spirito cooperativistico, che per la rilevanza del fenomeno, determinerebbe, non solo l’arresto dello sviluppo della cooperazione, ma addirittura ne causerebbe la radicale involuzione.
Non v’è dubbio che un tale accadimento costituirebbe una grave lesione dei principi costituzionali, caratterizzando in tal senso la condotta dell’apparato pubblico, in particolare quella del Governo.
La seconda ipotesi attiene alla tutela dei diritti dei soci innanzi all’Autorità giudiziaria, ancora una volta sostitutiva del potere esecutivo, assolutamente incurante dei suoi obblighi costituzionali verso i cittadini.
In tal caso, infatti, sarebbe possibile convenire in giudizio tutti quei soggetti, sia pubblici che privati, i quali, avendo violato la legge per l’omessa attività di verifica e controllo sulle Cooperative, sarebbero solidalmente responsabili per il loro dissesto economico.
Tutti i soggetti responsabili, ivi compresa la Pubblica Amministrazione, i quali avevano l’obbligo di esercitare i controlli e, quindi, di bloccare l’attività economicamente pericolosa posta in essere dagli amministratori delle Cooperative, in sede giudiziaria avrebbero l’obbligo di risarcire ciascun socio che in buona fede ha affidato i propri risparmi, confidando nel carattere mutualistico e nell’assenza di finalità lucrative di quelle Società.
Tutti ci auguriamo che l’ipotesi risarcitoria non debba essere seguita dai nuclei familiari gravemente danneggiati, perché altrimenti tale evenienza confermerebbe che l’Esecutivo Pubblico, non solo ha disatteso le disposizioni delle leggi ordinarie, ma addirittura si porrebbe oggi persino in contraddizione con i principi costituzionali, voluti dal Costituente a salvaguardia dell’economia etica cooperativa.
Ci auguriamo, viceversa, che il Governo intervenga rapidamente ed efficacemente sul grave e diffuso fenomeno che ha colpito numerose Cooperative, individuando le possibili soluzioni tecniche adottabili con il minimo sforzo e il massimo risultato, come, ad esempio, potrebbero essere i Concordati di Liquidazione, sapientemente gestiti e indirizzati.
Forse occorrerebbe, oltre alla coerenza con i principi costituzionali, anche la semplice buona volontà degli uomini di governo. Da sudditi non avremmo alcuna speranza, da cittadini la nutriamo con fiducia.
Fonte: www.studiocannavo-tafuro.it