Truffati dalla Cooperativa

Mafia capitale – COOP Lazio – Pd

Un estratto del libro di Antonio Amorosi

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Per gentile concessione della casa editrice Chiarelettere pubblichiamo le pagine che Antonio Amorosi autore di COOP CONNECTION ha scritto su Giuliano Poletti, Presidente della Legacoop per dieci anni e attuale ministro del governo Renzi.

L’ascesa irresistibile di Giuliano Poletti

 

Giuliano Poletti è l’uomo di Imola voluto da Matteo Renzi per tamponare il collasso e che diventa ministro proprio quando la crisi delle coop si fa più acuta. E pensare che Poletti è arrivato

al vertice delle coop nazionali come «contentino» per Imola e doveva durare il giro di una giostra se non fosse diventato fidatissimo di Massimo D’Alema e, di conseguenza, di Pier Luigi

Bersani e Vasco Errani, uno degli uomini più potenti dei Ds e poi del Pd.

Soprannominato «il Bertoldo di campagna» per essere un uomo dotato di molto buon senso, la vita di Poletti e quella della famiglia girano tutte intorno al partito. La moglie Anna

Venturini è stata assessore del Pd al Comune di Castel Guelfo, in provincia di Bologna, il figlio Manuel è direttore del settimanale «Sette Sere», il cui primo inserzionista è la Bcc, Banca

del credito cooperativo. Cresciuto nella Federazione dei giovani comunisti vendendo «l’Unità», il futuro ministro occupa la poltrona di assessore comunale all’Agricoltura del Pci dal

1976 al 1979, poi viene promosso vicepresidente del circondario imolese, quindi consigliere comunale a Bologna e, nel 1989, ultimo segretario della federazione del Pci di Imola facendo

tutti gli scalini di Legacoop fino al 2002, quando diventa presidente nazionale senza aver mai diretto una grande coop, di consumo, edile o di servizi. Poi Poletti intuisce che Renzi ha un

maggiore potenziale elettorale, come dicono i cooperatori più scaltri, e che è il cavallo su cui puntare.

Le imprese cooperative si sono sperticate in lodi per lui come ministro. «Nelle riunioni di Cesi e di Legacoop lo chiamano l’“innominato”. Se alla luce del sole può farne gli interessi

non si tira indietro. Sarà difficile che corra dei rischi senza coperture» racconta un consigliere comunale del Pd. «Appena insediato il governo, Legacoop e Confcooperative si sono presentate

direttamente da Renzi a chiedere protezione politica»

riferisce il consigliere. «A rappresentarvi c’è Poletti» ha risposto Matteo. Ma loro ci hanno tenuto a marcare la differenza.  Poletti è stato tagliato fuori come un ramo secco. E Matteo,

premier e capopartito, si è reso disponibile al dialogo. Quel Renzi che ha divelto la scena politica italiana e che, a parole, riforma l’assetto dello Stato, pretendendo la riorganizzazione

di ogni settore della società ma non delle coop.

In piazza Matteotti a Imola chiedo nei bar se qualcuno conosce Poletti. Rispondere è semplice quando capiscono che sono un giornalista: «Persona splendida», «Sempre disponibile», «Come

lui ce n’è pochi», «Non se ne può che dire bene». E poi aneddoti sul mondo dei cooperatori cresciuti con sani ideali, «stare insieme», «non guardare al profitto», «aiutare chi non ce la fa».

Qualcuno lo descrive come un vecchio amico d’infanzia e mi offre da bere. Non c’è domanda che possa perforarne le corazze. Dopo un paio d’ore ho la sensazione di muovermi in un villaggio

Potëmkin dell’Unione Sovietica, quei paesoni di cartone messi in scena per mostrare ai simpatizzanti come funzionava il comunismo, con contadini entusiasti, mogli bellissime e operai

eleganti in fabbriche super efficienti. Solo uno mi fa il segno delle labbra cucite.

A Imola senza il permesso del partito non si fa niente. Neanche i pensionati sono disposti a parlare. L’ottica imolese è sempre stata preferire una coop controllabile, anche se in perdita, a

una coop che professionalmente funzioni.

«Poletti voi, poretti noi»[1] c’è scritto sullo striscione della settantina di lavoratori di Cesi e 3Elle, altra coop di Imola decotta. In piazza Ferri, davanti al Teatro Stignani, piove. Di fronte, un

reparto della celere in assetto antisommossa e i carabinieri tengono distanti i lavoratori. Alle 17 deve parlare proprio Poletti per un evento organizzato da Confartigianato. Ad aspettarlo,

sotto i portici, il sindaco Daniele Manca e il deputato Daniele Montroni, entrambi del Pd. La polizia sequestra due cartoni di uova a un lavoratore della 3Elle. «Le ho prese per mia mamma»

si giustifica lui. Si scatena un battibecco con i dirigenti della Cgil che vogliono tenere sotto controllo la situazione. Tutto fila via liscio e Poletti non si vede. Poi si sparge la voce che è

entrato dalla porta secondaria. Anche lì una decina di poliziotti in tenuta antisommossa. I lavoratori si innervosiscono e vanno a posizionarsi contro il cordone. Tra loro anche qualcuno di

una certa età. «Poletti vergognati» urla. «Vieni qui a parlare con noi se hai il coraggio» grida un altro. La situazione rischia

di degenerare mentre gli agenti impediscono l’accesso al teatro.

Pochi i giornalisti. I lavoratori parlano a ruota libera. «A Poletti chiederei come ha fatto a certificare in questi anni i bilanci della 3Elle» dice Mattia. «Vorrei sapere cosa ne pensa

della proposta di mettere tutti i nostri ammortizzatori sociali in una nuova coop che non sappiamo nemmeno che fine farà» chiede Lorenzo. Una delegazione va a parlare con il ministro.

Dentro è tutto un sorrisi e pacche sulle spalle con il sindaco Manca che prova a tranquillizzare gli animi. «I dirigenti delle coop riescono sempre a sistemarsi da qualche parte, noi operai

invece restiamo senza niente» continua a protestare un manifestante sotto la pioggia circondato dai carabinieri. «È frustrante pensare che le persone responsabili di questa situazione non

paghino mai.»[2]. La delegazione torna, ma con un nulla di fatto.

[1] Poretti in imolese vuole dire «poveretti».

 

[2] G. Bucchi, «Corriere Romagna», 16 novembre 2014.

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